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文档简介

roberto calasso.la rovina di kasch.editore adelphi 1983 s.p.a. milano.la leggenda della rovina di kasch narra di un regno africanodove il re veniva ucciso quando gli astri raggiungevano certe posizionicelesti. in quel regno arriv un giorno uno straniero di nomefar-li-mas, dalla terra di l dal mare orientale. raccontava storieinebrianti: i sacerdoti, ascoltandolo, dimenticarono di osservare ilcielo. con larrivo di far-li-mas ebbe inizio la rovina dellanticoordine di kasch, fondato sul sacrificio. ma anche il nuovo ordine, doveluccisione rituale del re era abolita, sarebbe andato presto in rovina.rimasero soltanto le storie di far-li-mas. in questo libro la storiastessa, guidata da un accorto cerimoniere, che torna a volgersi versoquelle storie. il cerimoniere qui talleyrand, il pi chiaroveggente eil pi famigerato, il pi moderno e il pi arcaico fra i politici. dandoil braccio al lettore, come gi lo aveva dato a tante dame e a tantipotenti, egli ci introduce a luoghi, voci, gesti, vicende: la corte diversailles e lindia dei veda, labbazia di port-royal e i porticilibertini del palais-royal, maria antonietta, bentham, goethe, fnelon,baudelaire, marx, chateaubriand, tre sordidi assassini, un bastardo diluigi xv, un uomo darmi che si ritira alla trappa, napoleone, joseph demaistre, porfirio, stirner, sainte-beuve e molte altre illustricomparse. ciascuna di queste figure connessa a ogni altra e tutte ciriconducono alla stessa origine: la leggenda della rovina di kasch,quale fu raccontata, circa settantanni fa, da un vecchio cammelliere equi riaffiora in un arcipelago di storie, avvolte, nutrite, invase ecesellate dal mare del tempo. la storia di cui qui si parla sinottica e simultanea, lo smisurato tappeto senza margini dove possibile giustapporre e annodare strettamente, sotto lo sguardo, gliavvenimenti pi disparati o pi distanti, dove i fatti e i commenti suifatti e le invenzioni sui fatti e i fantasmi dei fatti rimangonoperpetuamente avvinti in un letto di tortura e di piacere, dove le formee le forze non riescono a districarsi, dove lo sguardo da sempreesposto al pericolo terribile di toccare i simboli. qualsiasi giudizio qui un filo perduto nel groviglio del tappeto e la sua unica 5 pretesa quella di aggiungersi col suo tenue colore allintreccio del tutto.roberto calasso ha pubblicato un romanzo ( l. impuro folle, adelphi,1980) e numerosi saggi.*in origine le montagne avevano grandi ali. volavano per il cielo e sifermavano sulla terra, seguendo il loro piacere. allora la terra tremavae vacillava. indra recise le ali alle montagne. fiss le montagne allaterra per renderla stabile. le ali diventarono nubi. da allora le nubisi raccolgono intorno alle cime. talleyrand.parlo sulla soglia di questo libro perch sono stato lultimo che haconosciuto le cerimonie. parlo anche, come sempre, per ingannare. non ame dedicato questo libro, n ad alcun altro. questo libro dedicatoal dedicare. e un uomo difficile da seguire nei meandri della sua vitapolitica, m. de talleyrand disse la duchessa dabrants aprendo leporte del : salon de m. de talleyrand. allentrata, gli stucchifragranti dellancien rgime. alluscita, il tinello borghese. alcentro, le belve ipnotiche dellimpero ci fissano dai braccioli. e, instanze laterali, salutiamo la ghigliottina e le foreste americane. versoil fondo, un congresso inciampa negli strascichi delle sue danze. daogni angolo rimbalzano verso gli ospiti i mots del principe. un delicatotam-tam, strumento che per la prima volta si era udito ai funerali dimirabeau, li trasmette per i meandri, billets doux lungo il cammino.molte voci diverse li raccontano, quasi mai quella del principe stesso,cos pigro verso lo scrivere. affidava certe terribili veritallistante di una risposta, le gettava nel brusio della conversazione,rischiando ogni volta che non venissero raccolte. ma talleyrand, revenude tout ancor prima di mettersi in viaggio, in una cosa almeno mantennesempre una magnanima fiducia: nella societ come salon risonante, dovesi nasconde ogni volta almeno un orecchio che capta. cos quei mots,avvolti in bende balsamiche, avrebbero traversato gli anni comealtrettanti in-folio. certi aristocratici, da vecchi, tendono asomigliare ai loro servitori. il gran ciambellano diventer qui, viavia, semplice cerimoniere, custode di una casa di spettri, guidaturistica. i meandri della sua vita e del suo salon si presteranno afare da cornice a unempia rappresentazione che da allora sempre siripete, seppure con mutevoli sequenze, in luogo del mito che la societsi era dimenticata di ripetere. nei saloni che avvolgevano morbidamente,dolcemente per unultima volta, il congresso di vienna, nelleconversazioni attirate nel vano di una finestra, subito trascritte dallepolizie segrete, non si trattava soltanto di intrighi galanti e diquello che poi i libri di storia avrebbero chiamato il nuovo equilibriodelleuropa. una questione si poneva, prima di ogni altra e dietro ognialtra: trasformare definitivamente il rta, quella articolazione fracielo e terra che rende possibile la vita e le d un ordine. era tuttocominciato un giorno, quando gli di, forse stanchi dellangoscia solidae opaca della mescolanza primordiale, desiderarono: come fare in modoche questi nostri mondi si separino un po? come avere pi spazio?. eallora respirarono in quei mondi pronunciando le tre sillabe vi-ta-ye,e i mondi si allontanarono luno dallaltro e ci fu pi spazio per glidi. e, pi tardi, per gli uomini. ora non era certo pi il caso diparlarne, anzi nessuno ne serbava precisa memoria, ma urgeva pur semprerisolvere una questione di famiglia che appunto al rta risaliva:legittimare come sua erede la legittimit. anche di legge si provava unqualche imbarazzo a parlare. la vera parola del momento era laltra:legittimit e chi la raccolse non poteva essere che talleyrand, luomoche con la legge aveva sempre tenuto rapporti di cortese distacco. ilpasso era enorme, perci andava avvertito il minimo possibile, andavasommerso nei balli e in faticose querelles dinastiche, e talvoltadomestiche. legittimit era lultimo nome rassicurante, un picnic fra iruderi erbosi. ma dietro la legittimit si nascondeva un altro nome, unaltro regno: il regno della convenzione, che finalmente giungeva alpotere assoluto. fino allora era stata leterno ramo cadetto dellapsiche, la sua potenza era cresciuta costantemente, ma in unombrainnominabile, perch le mancava appunto la legittimit. per averla, laavrebbe svuotata e ne avrebbe vestito gli abiti. ora si trattava diriconoscerla di fatto, dando al fatto limpero. a ci si eraevidentemente arrivati per necessit politica. con la campagna dirussia, napoleone aveva evocato il fantasma della guerra illimitata,attirata dalla terra che gi di per s inscena lillimitato,lincontrollabile, lirrecuperabile mescolanza, luscita-da-sdelleuropa, lontano dalla civilisation e dalla sua douceur. quellostesso illimitato era gi pronto a manifestarsi allinterno delleuropa,con eufemismo da diplomatici lo avrebbero chiamato la questionesociale. era dunque il momento di cedere il potere a quellunicapotenza che prometteva di patteggiare da pari a pari con lillimitato,se non addirittura di dominarlo (ma gi allora pochi ne erano convinti):la convenzione in quanto legittimit. il tempo avrebbe provveduto achiarire, a sbiancare le ossa dei significati. nella giungla fratailandia e cambogia vagava pol pot con i suoi. per la maggior parte delmondo che lo circondava egli era ancora lunica legittima autorit delsuo paese. i templi capovolti della sua regalit si espandevano nellevaste, numerose fosse comuni, profondamente incassate nella terra. lastratificazione di quei morti compendia le nostre fasi canoniche: nellostrato pi basso i cadaveri mostrano lembi di vesti variopinte, sonofedeli di lon nol (lancien rgime); poi seguono, verso lalto, i bonzibuddhisti (i sacerdoti refrattari); poi un po di civili generici (lapolizia della salute pubblica avventata contro chiunque); infine glistracci scuri degli stessi khmer rossi (i veri giacobini, i veribolscevichi, complottatori e rinnegati). i becchini ammucchiavano piledi teschi nelle forme che da tempi remoti i contadini cambogiani usanoper accatastare il loro raccolto annuale di ananas. davanti alle fossecomuni la storia torna a essere storia naturale. duchessa d. abrants:quando fu che cominciammo a mascherarci tutti? fatemi ricordare. s,era quando ancora non mi lasciavano uscire in societ, e i miei cuginidai denti affilati mi facevano visita per raccontarmi tutto. erano glianni imprudenti del direttorio, quando le toghe purpuree imballate ininghilterra furono sequestrate alla dogana. quando bonaparte fuaccolto al luxembourg dai cinque direttori impennacchiati, con imantelli gremiti di arabeschi, taglio medioevale s, perch ancora nonsi erano proprio decisi per la virt romana. lividi dansia davanti algenerale che il sublime ossian teneva sospeso a due pollici da terra.disse il nostro caro amico, il nostro, e di tutti, perenne traditoretalleyrand, lunico che abbia saputo tradire tutto, ma non lo stile. enon certo per delicatezza, ma perch quello lo scettro doro a cui faossequio, alla fine, un vasto regno di questo mondo, e di qualcunaltro. come un accampamento di nomadi inebetiti, fra pezze di stoffarapinate a ignari viaggiatori, questa era parigi allora. tuttisognavano la corte, ma gi cominciavano a perdere il ricordo dei gestigiusti. rappresentavano il popolo, ma non basta. pur semprerappresentanti, un po come quelli che stavano per invadere le diligenzein provincia. con i nuovi listini. un invincibile tropismo rivolgelanima verso talleyrand: una volta, ai tempi della mia giovinezza, eanche pi tardi, quando amavo i romanzi davventure e i melodrammi, hovisto che quel che mi appassionava era : lincertezza sullidentitdelle persone. come non sperimentarla su quella maschera che tantidissero mortuaria o impenetrabile o impassibile, mentre altrettanti leattribuivano le pi disparate infamie e le pi impreviste virt? unamaschera che aveva vegliato su tutto il corso torbido delle fasicanoniche, le quali avevano anchesse dubbie identit: non sapevano, nonavrebbero mai saputo nemmeno se considerarsi fauste o infauste, tuttesegnate niveis atrisque lapillis. alla fine lunica cosa che sipotesse dirne era quella come sempre brutalmente registrata da bloy:evidentemente dio non sapeva pi che farsene di quel vecchio mondo.voleva cose nuove, e per instaurarle cera bisogno di un napoleone.salvo tale aspra certezza, linsieme ondeggiava, e allora i tratti diuna fisionomia si offrivano come ultimo appiglio. daltra parte, ogniconoscenza fisiognomica. lultimo sofo della fisiognomica, lavater,chiese la collaborazione del giovane goethe per i suoi physiognomischefragmente. non era forse questi gi convinto della generale omogeneitdi tutte quante le formazioni della natura?. certo, fu la risposta digoethe e il suo contributo allopera di lavater si sarebbe spintoaddirittura pi in l. anche gli oggetti, i vestiti, gli ambientidiventavano per lui parte della scienza fisiognomica: la natura formaluomo, e luomo si trasforma, e questa trasformazione, a sua volta, naturale; colui che si trova posto in mezzo al vasto mondo se ne fa unaltro al suo interno, un piccolo mondo recintato e protetto da mura, eaddobbato a sua immagine. pi di cinquantanni dopo, il vecchio goethesi trov a sfogliare la : collection des portraits historiques de m. lebaron grard, pubblicata presso urbain canel, paris, 1826. eranoacqueforti piuttosto incerte, che la mano di m. pierre adam avevaricavato da quei sontuosi ritratti sparsi per leuropa. lamicoboissere, in visita da goethe, si lamentava per la rozza qualitdellesecuzione. goethe gli replic: miei cari ragazzi, noi, nellanostra weimariana modestia, ci contentiamo di queste cose. voi sietetroppo squisiti e di contentatura difficile. in solitudine, goetheguard a lungo quelle acqueforti. ben poco gli importava larte, seguivaun suo sogno fisiognomico. sfogliando lalbum, locchio gli cadde su unuomo che aveva conosciuto nellormai celebre giorno di erfurt, sedutoalla destra di napoleone (il quale era uscito in quellimbarazzantebattuta: voil un homme!). guardando il ritratto di talleyrand,scriveva: quanto pi andiamo avanti a contemplare questa raccolta,tanto pi essa ci appare importante. eppure, nel commentare i ritrattidi alessandro i, di carlo x, di luigi filippo dorlans, le sue paroleerano state di apprezzamento amabilmente generico. solo dinanzi atalleyrand lo sentiamo sprofondare in quella oscura quiete contemplativada cui emanavano le sue pagine pi perfette: qui abbiamo davanti ilprimo diplomatico del secolo. siede nella massima quiete e attende conabbandono tutti i casi del momento. circondato da una stanza di altodecoro, ma non sfarzosa, lo troviamo vestito con un semplice eappropriato abito di corte, il cappello piumato sul canap, subitodietro di lui, come se questuomo delle affaires aspettasse lannuncioche la carrozza pronta per portarlo a una riunione; il bracciosinistro appoggiato sullo spigolo del tavolo, accanto a carte e penne,il braccio destro in grembo, il piede destro sollevato sul sinistro, edegli ci appare perfettamente impassibile. non possiamo fare a meno diricordare gli di di epicuro, che abitano l dove non piove e nonnevica n mai soffia la tempesta; tale la quiete di questuomo,illeso fra le tempeste che sibilano intorno a lui. si pu capire comeegli riesca ad assumere un tale aspetto, non per come possa mantenerlo.il suo sguardo quanto di pi insondabile; guarda dinanzi a s, ma dubbio se egli veda chi lo osserva. il suo sguardo non si rivolge versolinterno, come quello di chi pensa, e neppure verso lesterno, comequello di chi osserva; lo sguardo riposa in e su di s ?: in und aufsich*, come tutta la sua figura, la quale accenna non proprio a uncompiacimento di s, bens certo a una qualche mancanza di rapporto conlesterno. ma tanto basti, possiamo qui atteggiarci a fisiognomisti einterpreti quanto vogliamo, in ogni caso la nostra comprensione siriveler troppo corta, troppo povera la nostra esperienza, troppolimitata la nostra immaginazione perch possiamo farci unidea adeguatadi un tale essere. e verosimile che lo stesso accadr in futuro aglistorici, i quali potranno vedere in quale misura questa nostra immaginepotr essere loro daiuto. occultate in quella recensione cossuperflua, cos marginale per lottantenne goethe che doveva ancoraconcludere la sua grande opera sospesa fra gli archetipi (ed eradobbligo per lui, lessere organico e compiuto, non lasciarla allostato di frammento), le righe su talleyrand accennavano a una cautarivelazione del dichter su se stesso. anche goethe conosceva larte dinascondere tutto nella superficie. un album di incisioni di personaggiillustri, dove gi lo strepito della storia si raggela, dove gli sguardigi tendono a farsi ottusi, come poi nelle illustrazioni del magasinpittoresque, era unoccasione adatta per chi sosteneva di essere poetadoccasione. e proprio l, piuttosto che in un colloquio con eckermanno con qualche altro orecchio devoto, goethe ha voluto accennare a quellalunga vita parallela che lo aveva accompagnato nel paese delleconvulsioni. in fondo, erano loro i due soli esseri di un qualchesignificato assoluto che fossero sopravvissuti a tutto, dai primi annidel pattinaggio e dei boudoirs sino a quella vecchiezza onorata,cerimoniosa e incompresa. la vecchiaia di chi sa troppo. goethe si eragi insinuato nel carapace del grosser dichter, talleyrand riceveva avalen&ay uno scrittore malato di curiosit, honor de balzac, che loguardava come un antico esemplare, imponente e delicato, dei sauri; o,ancora peggio, riceveva la tumultuosa george sand e la sua banda (emadame de dino, come sempre al fianco del principe, annotava: tuttosommato, ben poca grazia; e il resto della compagnia di un ordinariototale). in quella pagina goethe lanciava un duro avvertimento: nonilludetevi, o studiosi, di capire lo sguardo di talleyrand, nonilludetevi di capire la levigata serenit del vecchio consiglieregoethe. e il gioco era spinto sino alla provocazione. goethe,lolimpico, come avrebbe poi sempre ripetuto il kitsch germanico,ricorreva addirittura agli di di epicuro per avvicinarsi allo sguardodi talleyrand. eppure doveva essergli noto che, secondo la voce comune,quello sguardo si era posato su quasi tutte le possibili scelleratezze equalcuna lavrebbe anche approntata. lazzardata sovrapposizione dei duevolti impassibili, sottintesa da goethe, sarebbe stata presto percepitae dichiarata. fu sainte-beuve, che capiva quasi tutto e faceva ilpossibile perch non si notasse troppo, a lanciare poche righe inproposito, nella notice che introduceva uno dei pi attraenti illustrsromantiques, il molire con le vignette di tony johannot, presso paulinin rue de seine, paris, 1835 (talleyrand ancora vivo, goethe da pocomorto): e nondimeno la sua lucidit ?di molire*, la freddezza abitualedel suo carattere, al centro di unopera cos mossa, non aspiravanominimamente alla imparzialit calcolata e raggelata, quale si vista ingoethe, il talleyrand dellarte: queste raffinatezze criticheallinterno della poesia a quel tempo non erano state ancora inventate.anche queste son

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